sabato 25 giugno 2016

Moby Dick la balena bianca

Guarda la solitudine del capitano,
lassù sulla tolda del comando,
che osserva in lungo e in largo l'orizzonte marino.
Magre e scarne sono le sue mani,
infossate le rughe disegnate sul suo volto,
sprofondate nell'abisso del silenzio
di infinite notti a dar corpo ai suoi dilemmi.
Sostiene il peso e l'onere d'un arcano viaggio
che compenetra l'animo in un nero sudario,
irretito nella sua perseverante ossessione,
alla ricerca della fontana zampillante della balena.
Che soffi sopra l'immobile piano dell'indefinito,
o gonfi le ali tese di cotone dell'albero di maestra,
c'è una luce bianca galleggiante in mezzo al mare,
che leggera vaga sopra un vestito scuro di paillettes scintillanti.
Lancia contro di lei l'arpione, colpisci sul dorso la balena,
cosicché fiotti di sangue arrossiscano il mare tutt'intorno.
Che la sua crudele morte giunga come un galenico preparato
da assurgere come panacea per la tua anima.
Già rafforza il vento e il mare è cresciuto altrettanto.
Ondoso orgoglio che si infrange a poppa e a prora,
vinto è il nocchiero in cerca di un'approdo di fortuna,
per nascondere il peccato d'orgoglio del cuore umano,
avvezzo a confrontarsi con verità uguali non proprie.
Con l'universo sovrumano, con il quale prima o poi

faremo debitamente e dovutamente i conti.

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