sabato 30 gennaio 2016

Altera, la signora maestra.

Solo con il passare degli anni la donna comprende l'importanza del sogno, non prima d'essere stata inflessibile vigilante del concreto. Con la lungimiranza del profeta, ella intuisce quale pianta darà maggior frutto, tra la via del cuore, dolce e perigliosa nell'incertezza scellerata di un'avventura e la via della mente, ordinaria e prevedibile nella rassicurante sicurezza d'un sentiero già battuto. Nell'estate del millenovecentottantasette mi accadeva spesso di sognare e in gioventù non è difficile che i sogni poi si avverino. Ero protagonista in una recita teatrale con un gruppo di giovani laici, una storia d'amore ambientata in quel periodo storico dove la nostalgia è ricorrente tra le cose semplici del passato. Fu allora che feci conoscenza con Altera. Era una donna antica, che portava il riflesso di una bellezza inchiodatasi allo sguardo. Tenace d’indole ribelle. Da giovane era una maestra, al tempo del racconto: un’insegnante in pensione. S’inchiacchierava per ore con me, parlando a sprazzi della sua vita, estrapolando qua e là qualche frammento del suo vissuto, senza tuttavia mai scendere nei particolari, di modo che, ci fosse sempre qualcosa da immaginare. Una donna sola, per scelta, ma compagna nella multitudine, che non si piegò mai alla volontà della vita. Si confidò di non aver intravisto nel matrimonio e nel concepire dei figli lo scopo dello scenario della sua vita, ma discorrere con lei, era trovare il sottobosco dei pensieri femminili. Ascoltavo i suoi racconti, ed era facile per me cogliere una sfumatura di tristezza nelle sue parole, come se vi aleggiasse sopra, il ricordo di un amore perduto e mai rinnegato, ma non le chiesi mai di aprire il forziere dei suoi ricordi segreti. Era una donna uscita da un romanzo, con tanta voglia di vivere e piena di energia. Raffinata, leggera, delicata, intelligente. Quanto le restasse da vivere non era importante, si preoccupava solo che il futuro fosse tutt’uno con un passato indelebile del quale non mancava un magico condimento. Mi accostavo ai suoi anni senza fatica, l'amore per la musica classica, il piacere nell'ascoltare i suoi racconti che sapeva mescolare abilmente, riempiendo la mia testa con le sue narrazioni. Altera non amava la mia compagna, non si tratteneva mai nel discorrere con lei, nemmeno quando le facevamo visita insieme. Mi convinsi che la compagnia delle donne non poteva piacerle, ma Altera, da buona maestra, le aveva letto nel cuore e tenuto per sè la sentenza di condanna. Sapendomi invaghito nelle traveggole della cintura e della sensualità, non s’intromise mai nel mio credermi innamorato, ne disse altro di lei, ma il suo silenzio fu eloquente per costruire il perché del dopo. E il tempo le diede ragione su tutto. Quando terminò il teatro, dimentico di tutto anche degli aneliti, lasciai alle spalle anche Altera. Non la rividi più fino a quando scoprì che era morta. Per lei avrei voluto scrivere una frase che per me più la rappresenta... Sapeva dosare la consistenza dell’immaginazione, fingendosi sobria e severa, quando invece era di sangue pindarico.
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PeSte©2016

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