sabato 18 febbraio 2017
Capitolo I. test di scrittura
.
Mi chiamo Gaston Javier. Considerando gli anni e l'esperienza dell'epoca, voglio raccontare ciò che accadde nel lontano 1934, restando attento a cogliere umori e sensazioni e fare partecipi voi di un caso tutt'ora rimasto irrisolto. A quel tempo ero commissario della divisione criminale di Parigi. Il tempo non è che un velo leggero di pulviscolo. Attenua, insabbia fino a nascondere le ferite e i ricordi. Togli quella polvere ed ecco che riaffiorano i personaggi, i luoghi del passato. In una notte tempestosa senza luna e senza stelle, sferzata dal vento e dalla pioggia battente, una piccola barchetta, fatta di fogli di giornale, galleggiava sopra un rivolo gonfio di pioggia. Scendeva lentamente lungo il perimetro di pietra di un marciapiede, incessantemente bombardata da gocce d'acqua così insistenti, che avrebbero finito prima o poi per affondarla. Urtando i ciottoli ammucchiati sul margine della strada, finì per incagliarsi tra le dita di una mano sporgente, che non dava alcun segno di vita. La forma piccola e affusolata apparteneva ad una donna e dalle ferite era evidente si fosse protetta con le mani, mentre le venivano inferti fendenti con la lama di un coltello. Il corpo era riverso in una pozza di sangue, trasudato dalle vene si era lentamente diluito a contatto con l'acqua. Il viso irriconoscibile era coperto da un ammasso di capelli biondi sparpagliati sulla pavimentazione in forma di semicerchio. L'arte dell'origami, del piegare la carta senza né forbici né colla, era il marchio di fabbrica di un assassino crudele e senza scrupoli. E anche senza coscienza, visto il modo in cui aveva operato, la sua efferatezza, segno di un odio esasperato, profondo e senza redenzione. Si udiva indistintamente le gocce d’acqua suicidarsi contro la tesa del tessuto sintetico del suo cappello, un borsalino liso e nero nel rispetto della migliore tradizione. L'uomo estrasse il coltello dal corpo della vittima, lo pulì accuratamente, ripiegò la lama che sparì dentro la tasca dell'impermeabile. Con le dita della mano, prese la tesa del capello, l'abbassò sugli occhi, si strinse nelle spalle per ripararsi dalla pioggia e si allontanò dal luogo del delitto. Di lì a poco il vento cessò e la pioggia smise di cadere. Un silenzio irreale scese lentamente sulla scena. Si udì solo lo sciacquio degli ultimi rigagnoli d'acqua inghiottiti dai tombini e i lievi rumori intimi della pioggia che si allontanava. Il suono distante dell'antico campanile rintoccò le tre, allorché avvertiti da un clochard, arrivammo sul luogo del delitto. La donna era morta fu l'unica conclusione certa a cui giungere e si trattava di omicidio. Da mesi noi della polizia brancolavamo nel buio. Gli omicidi si susseguivano ad intervalli regolari, uno dopo l'altro ed erano opera della stessa mano. Si trattava di un regolamento di conti? Per quanto impegno mettessi per risolvere il caso, non riuscivo a togliere un ragno dal buco. L'assassino non era uno sprovveduto, preda di una mente contorta, al contrario era un professionista, freddo e calcolatore che si guardava bene da lasciare il minimo indizio. Era chiaro che non aveva nessun vantaggio ad attirare l'attenzione su di sé, nel metodo operandis dei serial killer. La vittima doveva avere circa trent'anni, di razza caucasica, la corporatura esile, l'altezza medio alta. Apparentemente non aveva subito violenza sessuale. Sul corpo erano presenti numerose ferite da taglio, di cui una mortale all'altezza del cuore con la lacerazione del pericardio, fu ciò che appresi più tardi. Era una bella donna. Un misto di pietà e rammarico si impossessò di me. L'assassino non aveva avuto compassione per la sua bellezza, né l'aveva risparmiata con la sua crudeltà. Informai via radio l'operatore della Centrale perché inviasse un carro funebre. Una Citroën DS break nera giunse silenziosa alle prime luci dell'alba. Scesero due becchini incaricati di provvedere a togliere il cadavere. La salma fu adagiata in una cassa di legno, più tardi sarebbe stata ricomposta nella camera ardente. La donna sarebbe stata lavata, ripulita dal sangue e riportata alla sua naturale bellezza. Nel giro di dieci minuti, eravamo andati via tutti. La scena del delitto riprese la sua monotona identità come se nulla fosse accaduto.
venerdì 17 febbraio 2017
Tema: I "7" difetti di Venere
A guardarla per ore, mentre l'accarezzo con gli occhi,
mi accorgo di scoprire che lei ha “7” difetti,
che la rendono diversa da ogni altra.
Uno dei desideri di più vivida speranza nel cuore d'ognuno
è vedere il proprio amato prostrarsi ai tuoi piedi.
I suoi, hanno il secondo dito più lungo dell’alluce,
un piedistallo di iperbolica alterazione,
che a parere del giudizio critico dell'arte
è ritenuto più bello esteticamente di ogni altro,
a tal punto da definirlo "piede da modella".
Se con il tempo si giunge a fare pace con tutto,
accettare un difetto di sé è un lungo percorso spirituale.
Riuscirci sarebbe un notevole risultato,
specie se scopri di avere nella parte bassa della schiena,
due fossette, due incavi simmetrici,
in una parte femminile già di per sé così evidente e soppesata.
D'accordo sono soltanto fievoli anomalie,
piccole imperfezioni, come i comunissimi nei,
chi non ne possiede in fondo?
Non fosse che lei ha una costellazione sparsa qua e là
in ogni parte del corpo, un indice di buona salute, certo,
ritrarla così com'è però, richiederebbe pazienza,
concentrazione assoluta e sguardo fisso in avanti,
affinché non svaniscano dietro qualche ansa sinuosa.
Nella rocambolesca casualità dei dadi può accadere,
di spiegare determinati fenomeni piuttosto che altri,
e giungere in fine alla conclusione
che tutto quello che c'era da scoprire è stato scoperto.
Lo stesso corpo di lei che ha due linee addominali oblique,
con una "v" visivamente esplicita ,
da doverla ritenere un'arma di seduzione di massa,
così temuta per l'effetto che avrebbe sul buon costume,
da intimarle il divieto di esporla,
senza un'appropriata autorizzazione.
Ce ne sarebbe già abbastanza, ma per finire non basta.
Aggiungo ricordando che fin da piccola,
non afferrava come le mani da pianista,
si riconoscessero da tutte le altre mani.
Dita lunghe, più del palmo,
in cosa consiste la bellezza di quelle mani,
nella loro mobilità cosi espressiva,
di saper ballare come ballerine quando le altre sono papere,
di essere aristocratiche quando le altre sono plebee?
Immagino di seguirle con gli occhi, mentre cabrano, sfarfallano,
planano leggere sulle fantasmagorie di tasti bianchi e neri,
per poi accorgersi che nella realtà l'unico movimento
che le viene naturale è un ventaglio di dita che si chiude,
nel vasetto ancora aperto della crema per la notte.
Dal mio punto di osservazione vedo il suo sguardo.
Incrocia le mie riflessioni, con una certa allure sognante.
Un'asimmetria in grado di mandare a vuoto
l'ago della bussola del polo magnetico, mentre le parli
e cerchi di indovinare a quale occhio rivolgerti.
Tra queste note dolenti, spiegami con quale coraggio
non teme di mostrarsi per come è veramente.
E' forse convinta di poter fare di testa sua?
Dal più piccolo gesto quotidiano, come starsene in tuta,
struccata e con i capelli in disordine,
fino al non curarsi di farsi accettare dagli altri.
Spudorata, sarebbe capace di una simile sfrontatezza?
A sentir lei rispondere, dice che non c’è niente di più bello,
che bisogna attrarsi per ciò che si è, e non per tutto ciò che si offre.
.
PeSte©2017
mi accorgo di scoprire che lei ha “7” difetti,
che la rendono diversa da ogni altra.
Uno dei desideri di più vivida speranza nel cuore d'ognuno
è vedere il proprio amato prostrarsi ai tuoi piedi.
I suoi, hanno il secondo dito più lungo dell’alluce,
un piedistallo di iperbolica alterazione,
che a parere del giudizio critico dell'arte
è ritenuto più bello esteticamente di ogni altro,
a tal punto da definirlo "piede da modella".
Se con il tempo si giunge a fare pace con tutto,
accettare un difetto di sé è un lungo percorso spirituale.
Riuscirci sarebbe un notevole risultato,
specie se scopri di avere nella parte bassa della schiena,
due fossette, due incavi simmetrici,
in una parte femminile già di per sé così evidente e soppesata.
D'accordo sono soltanto fievoli anomalie,
piccole imperfezioni, come i comunissimi nei,
chi non ne possiede in fondo?
Non fosse che lei ha una costellazione sparsa qua e là
in ogni parte del corpo, un indice di buona salute, certo,
ritrarla così com'è però, richiederebbe pazienza,
concentrazione assoluta e sguardo fisso in avanti,
affinché non svaniscano dietro qualche ansa sinuosa.
Nella rocambolesca casualità dei dadi può accadere,
di spiegare determinati fenomeni piuttosto che altri,
e giungere in fine alla conclusione
che tutto quello che c'era da scoprire è stato scoperto.
Lo stesso corpo di lei che ha due linee addominali oblique,
con una "v" visivamente esplicita ,
da doverla ritenere un'arma di seduzione di massa,
così temuta per l'effetto che avrebbe sul buon costume,
da intimarle il divieto di esporla,
senza un'appropriata autorizzazione.
Ce ne sarebbe già abbastanza, ma per finire non basta.
Aggiungo ricordando che fin da piccola,
non afferrava come le mani da pianista,
si riconoscessero da tutte le altre mani.
Dita lunghe, più del palmo,
in cosa consiste la bellezza di quelle mani,
nella loro mobilità cosi espressiva,
di saper ballare come ballerine quando le altre sono papere,
di essere aristocratiche quando le altre sono plebee?
Immagino di seguirle con gli occhi, mentre cabrano, sfarfallano,
planano leggere sulle fantasmagorie di tasti bianchi e neri,
per poi accorgersi che nella realtà l'unico movimento
che le viene naturale è un ventaglio di dita che si chiude,
nel vasetto ancora aperto della crema per la notte.
Dal mio punto di osservazione vedo il suo sguardo.
Incrocia le mie riflessioni, con una certa allure sognante.
Un'asimmetria in grado di mandare a vuoto
l'ago della bussola del polo magnetico, mentre le parli
e cerchi di indovinare a quale occhio rivolgerti.
Tra queste note dolenti, spiegami con quale coraggio
non teme di mostrarsi per come è veramente.
E' forse convinta di poter fare di testa sua?
Dal più piccolo gesto quotidiano, come starsene in tuta,
struccata e con i capelli in disordine,
fino al non curarsi di farsi accettare dagli altri.
Spudorata, sarebbe capace di una simile sfrontatezza?
A sentir lei rispondere, dice che non c’è niente di più bello,
che bisogna attrarsi per ciò che si è, e non per tutto ciò che si offre.
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PeSte©2017
domenica 12 febbraio 2017
Le favelas
Noi viviamo nel nulla, dove prima della luce,
prima delle stelle, abitavano gli angeli.
Il cielo per vestito e vuoti argomenti di vite distanti.
Luoghi, quello sì, che potresti dire che t’appartengano
con la stessa forza con cui tu appartieni a loro.
Niente che assomigli a quel Paradiso multi verso,
inconsapevolmente sposato alla logica del mercato,
infinitamente povero di relazioni.
E poi l'ozio dell'amore, così inadatto alla nostra tempra randagia,
o quantomeno una falsificazione o una metafora della realtà.
Come è possibile, allora, per noi cantare la bellezza della vita?
Amare la musica e la danza, l'allegria, la convivialità,
se vaghiamo nell'immondizia delle discariche a cielo aperto,
tra Inferno e Paradiso e non poter scegliere da quale parte stare.
Nelle nostre vite lacerate dalla povertà,
dalla fame, dall'abbandono, dalla violenza, dal degrado,
e nella povertà esprimere tutto il bisogno di realizzare la bellezza?
Su questa collina dove non esiste un Dio
che si occupa del tuo destino e delle tue azioni.
Non si affatica e non si stanca per noi.
Così pieni di difetti, frustrazioni, dolori, gelosie, invidie, follie.
I nostri cuori, chiusi con la ceralacca, si spalancano d'improvviso
per un gesto nobile e sincero,
una luce si fa largo nel buio e la fiamma arde e vive
e riscalda più di ogni altra.
Chiedi a cosa è dovuto questo miracolo?
Consapevole che non gira tutto intorno a te,
e la tua anima non può essere rigida e irremovibile.
Che è la morte che da significato alla vita
e che il tuo tempo presente da condividere è così breve.
.
PeSte©2017
prima delle stelle, abitavano gli angeli.
Il cielo per vestito e vuoti argomenti di vite distanti.
Luoghi, quello sì, che potresti dire che t’appartengano
con la stessa forza con cui tu appartieni a loro.
Niente che assomigli a quel Paradiso multi verso,
inconsapevolmente sposato alla logica del mercato,
infinitamente povero di relazioni.
E poi l'ozio dell'amore, così inadatto alla nostra tempra randagia,
o quantomeno una falsificazione o una metafora della realtà.
Come è possibile, allora, per noi cantare la bellezza della vita?
Amare la musica e la danza, l'allegria, la convivialità,
se vaghiamo nell'immondizia delle discariche a cielo aperto,
tra Inferno e Paradiso e non poter scegliere da quale parte stare.
Nelle nostre vite lacerate dalla povertà,
dalla fame, dall'abbandono, dalla violenza, dal degrado,
e nella povertà esprimere tutto il bisogno di realizzare la bellezza?
Su questa collina dove non esiste un Dio
che si occupa del tuo destino e delle tue azioni.
Non si affatica e non si stanca per noi.
Così pieni di difetti, frustrazioni, dolori, gelosie, invidie, follie.
I nostri cuori, chiusi con la ceralacca, si spalancano d'improvviso
per un gesto nobile e sincero,
una luce si fa largo nel buio e la fiamma arde e vive
e riscalda più di ogni altra.
Chiedi a cosa è dovuto questo miracolo?
Consapevole che non gira tutto intorno a te,
e la tua anima non può essere rigida e irremovibile.
Che è la morte che da significato alla vita
e che il tuo tempo presente da condividere è così breve.
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PeSte©2017
La Torre
Ognuno di noi cerca di scrivere la propria storia,
di colmare il vuoto dentro questo incoerente disastro.
con l’identikit perfetto, quello di un personaggio a fumetti,
che permette al lettore d'immedesimarsi nel racconto.
Un susseguirsi di vicende zuppe di gesta eroiche,
di imprese e di avventura, ma anche di cocenti delusioni,
non c'è supereroe che non nasconde nell'armadio
lo scheletro di una sconfitta, di un doloroso graffio,
che resterà per sempre inciso dentro al petto,
segno indelebile dei suoi trascorsi.
E i suoi due più acerrimi nemici: l’invecchiamento e la prudenza,
che incessantemente lo incalzano e lo cecchinano
in una lotta impari, che tra loro non ammette tregua.
che dura e perdura fintanto sarà morto e cento volte ancora.
Fin quando nei tarocchi spunteranno le infuocate Torri,
che sembreranno minacciosi minareti di sventura.
Crollano le difese, ciò che pareva solido e sicuro
ad un tratto si rivela fragile e transitorio.
Occorre trovare un altro luogo in cui abitare,
un'altra vita da condurre, tutto viene azzerato,
tutto ricomincia da capo.
di colmare il vuoto dentro questo incoerente disastro.
con l’identikit perfetto, quello di un personaggio a fumetti,
che permette al lettore d'immedesimarsi nel racconto.
Un susseguirsi di vicende zuppe di gesta eroiche,
di imprese e di avventura, ma anche di cocenti delusioni,
non c'è supereroe che non nasconde nell'armadio
lo scheletro di una sconfitta, di un doloroso graffio,
che resterà per sempre inciso dentro al petto,
segno indelebile dei suoi trascorsi.
E i suoi due più acerrimi nemici: l’invecchiamento e la prudenza,
che incessantemente lo incalzano e lo cecchinano
in una lotta impari, che tra loro non ammette tregua.
che dura e perdura fintanto sarà morto e cento volte ancora.
Fin quando nei tarocchi spunteranno le infuocate Torri,
che sembreranno minacciosi minareti di sventura.
Crollano le difese, ciò che pareva solido e sicuro
ad un tratto si rivela fragile e transitorio.
Occorre trovare un altro luogo in cui abitare,
un'altra vita da condurre, tutto viene azzerato,
tutto ricomincia da capo.
sabato 11 febbraio 2017
Io e Lucrezio, testo a due mani
Le leggende ti trasportano con sé fin quando la realtà
scompare alla vista e svanisce nel nulla della vaghezza.
Ed è allora che una parte di verità si trasforma in fantasia
e le cose infinite sono frutto della nostra immaginazione.
La mente in volo plana come un aeroplanino di carta,
dall'alto osserva il mondo suddiviso in perfette geometrie.
È dolce, mentre nel grande mare i venti scompigliano le acque,
contemplare da qui la faticosa vita delle umane creature,
non perché il tormento di qualcuno sia un giocondo piacere,
ma perché è dolce vedere da quali mali tu stesso sia immune.
Non c'è aurora boreale né tempestosi tornado sull'Oceano,
nulla è più piacevole che star al sicuro tra queste soavi nubi.
che se riempite di musica celestiale sembreranno il Paradiso.
Ahimè se solo non volgessi lo sguardo qua e là
e veder coloro che vanno alla ventura
nel periglioso percorso della loro vita,
intenti a gareggiare d'ingegno, a rivaleggiare di notorietà,
ad adoprarsi notte e giorno con soverchiante fatica
per assurgere a somma ricchezza e impadronirsi del potere.
In quale tetro sudario consumano le loro menti e la loro esistenza,
con lo sguardo rivolto, ora che il tempo arride e la bella stagione cosparge di fiori le erbe verdeggianti, a non aver occhi per vedere che null'altro.
PeSte©2017
scompare alla vista e svanisce nel nulla della vaghezza.
Ed è allora che una parte di verità si trasforma in fantasia
e le cose infinite sono frutto della nostra immaginazione.
La mente in volo plana come un aeroplanino di carta,
dall'alto osserva il mondo suddiviso in perfette geometrie.
È dolce, mentre nel grande mare i venti scompigliano le acque,
contemplare da qui la faticosa vita delle umane creature,
non perché il tormento di qualcuno sia un giocondo piacere,
ma perché è dolce vedere da quali mali tu stesso sia immune.
Non c'è aurora boreale né tempestosi tornado sull'Oceano,
nulla è più piacevole che star al sicuro tra queste soavi nubi.
che se riempite di musica celestiale sembreranno il Paradiso.
Ahimè se solo non volgessi lo sguardo qua e là
e veder coloro che vanno alla ventura
nel periglioso percorso della loro vita,
intenti a gareggiare d'ingegno, a rivaleggiare di notorietà,
ad adoprarsi notte e giorno con soverchiante fatica
per assurgere a somma ricchezza e impadronirsi del potere.
In quale tetro sudario consumano le loro menti e la loro esistenza,
con lo sguardo rivolto, ora che il tempo arride e la bella stagione cosparge di fiori le erbe verdeggianti, a non aver occhi per vedere che null'altro.
PeSte©2017
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