sabato 22 agosto 2015

L'isola che non c'è x

Emerse da molteplici eruzioni di lava incandescente,
adesso è una fucina spenta, con sbuffi che ancora si rincorrono,
nel cielo terso annacquato d'azzurro.
L'isola è remota con approdi impervi e misteriosi,
erosi e resi inagibili dalle tempeste. Sommersa,
da piante di fichi d'india, di agave, di mirto e di ginestre,
cresciute tra gli scogli ruvidi di basalto e le conchiglie lucenti
incastonate nelle sabbie come diademi.
D'intorno, ovunque guardi, a perdita d'occhio, una distesa limpida e piatta
avvolta nel silenzio rotto dal delicato sciabordio del mare.
Un letto su cui l'onda d'aria distende le sue lenzuola candide.
Venuta in esilio, spinta dagli abissi, fuggita lontano in eterna solitudine. 

Provi nel buio un'ancestrale paura,
quando scende la notte e le stelle si accendono,
La scogliera è all'erta, pronta ad arenare l’impeto del mare,
i boati violenti dei marosi, il prodigio delle maree.
l'enorme volume d’acqua che il dio Nettuno le muove contro
brandendo il suo terribile tridente, per riprendersi
quello spazio finito e il tanto mistero che lo circonda.
Quando l'oceano si placa ed è liscio come l'olio,
basta svitare la luna come una lampadina
fuori della sua sfera e miliardi di stelle si tuffano a specchiarsi
Allora puoi indovinare quali nomi dare a quelle luci,
partendo dalla più grande alla più piccola,
per ascoltare quello che l’anima non potrà mai tradurre.
Il maggior fascino è nell'immerso, è sommerso,
L'acqua al contatto provoca una reazione
che ti trasforma in un pesce. La metamorfosi è lenta.
da togliere il fiato, ogni volta, tanto da credere
di non poter riuscire a respirare di nuovo.
Poi lentamente cominci a sentirti un tutt'uno con l’acqua,
come quando con il mento appoggiato sul palmo della mano
ti sei perduto nel deserto delle solitudini,
e ad ascoltare c'era solo il bisbiglio delle onde. Roccia e onde.
Qui finisce il mondo nel suo piccolo. E ne comincia un altro.

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