sabato 9 maggio 2015

La nascita di Venere x

Nacque da una candida conchiglia 
avvolta dalle schiume dell’oceano
uscendo dal mare, nuda come l'umanità,
mentre Zefiro tra terra e cielo
inseguiva Flora fecondandola con un soffio....
E lei all'improvviso si trasforma nella Primavera,
spargendo fiori dappertutto.
Non so come è successo,
ad un tratto ha sorriso e ci sono caduto dentro,
come se tutto accadesse nell'ordine naturale delle cose.
Son rimasto estasiato a guardarla e lei ignara del mio sguardo
voltandosi alle volte, mi guardava e poi abbassava gli occhi.
Aveva una figura bilanciata e simmetrica,
in perfetto equilibrio tra passione fisica e purezza spirituale,
tra esaltazione dei sensi ed elevazione dell’animo.
In perfetta sintonia con l'andirivieni del mare,
pareva una dea da venerare
con la dedizione di un monaco e il rigore di un guerriero.
Non amava le cose grandiose, le luci accecanti, i bagni di folla.
la vita per lei era semplice, doveva solo darle calore.
Stava bene in un posto se poteva restare in silenzio,
chiudere gli occhi e sentirsi a suo agio così, semplicemente serena.
Ma la bellezza trova misura di se
solo quando rivela tutta la sua fragilità.
La grande lezione che da la sofferenza,
a volte invisibile ma sofferta,
di quella paura che riempie ogni piega nel poco che sempre siamo.
L'inquietudine di sentirsi inadeguati,
la paura nel tutto di sbagliare,
di non sentirsi all'altezza,
dolorosa come una ferita che si riapre ed è
presente ogni giorno. Mille domande,
mille aghi le trapassano la mente, per giungere in fine a
scegliere di non avere il coraggio di scegliere
e dare alla vita il compito di prendere ogni decisione.
Chi le insegnò la paura?
Quando iniziò a vedere negli altri
mille piccoli atti di coraggio e nei suoi un fondo di viltà?
Desiderare di più, senza accontentarsi,
possedere già la bellezza,
e null'altro guaio del tempo che generano le nubi.
Allungando l'ombra di se stessa sull'acqua
per cercare, sopra miscugli di sabbia, fine e bianca,
di emergere sulla terraferma,
senza più timore che il cielo la sfami e la disseti,
fuori, lontana dalla conchiglia del suo mistico mistero
dove non tornare mai più.

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PeSte@2015

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