Annego nell'impasse di un disagio,
nel vedere ogni finzione di comodo,
per cercare di mantenere un privilegio,
quando l'eccessivo benessere di un solo individuo,
genera la miseria più nera per molti altri!
Mi sento infettato da questa puzza di stantio,
che troppo spesso portiamo dentro senza avvertire.
Non sopporto più questa lordura, questo scempio.
Re viziosi e compiacenti Regine,
che si contendono quest'assurdo mare di sabbia dorata.
Siamo noi i custodi e non i padroni della Terra.
Avvolti in una pupa nel groviglio di fili di una ragnatela,
tessa sospesa di attendismo pigro.
Quand'è che abbiamo ceduto e deciso consciamente
di chiudere gli occhi per addormentarci e lasciare
che tramassero i loro intrighi.
Nell'inerzia comune,
guardare miserie di un altrove lontano,
avendo sotto il naso le prove
di quel che di lì a poco sarebbe potuto accadere.
La terapia sarebbe ancora verosimile,
se la malattia fosse stata diagnosticata fin dall'inizio,
da quella parte di te che chiedeva ascolto.
Lei ancora s'interroga come avresti potuto vivere così per sempre.
Negarsi ad ogni levar di scudi e tenere alzati i ponti levatoi,
compiaciuto da quel sangue sempre fresco, purché non tuo.
Guarda lì, guarda là, nessun freno a questo sporco gioco,
ci siamo arresi al nemico, pur sapendo che non verrà giù nulla,
giù da quel cielo lontano.
Ci vuole un incipit con più pathos per difenderci dai Saraceni.
Mettiti al riparo, mettiti al riparo adesso!
Stanno per arrivare i tempi cupi!
PeSte@2015
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